Ehi, ci siamo di nuovo! Bentornatә a NRS, la newsletter di tecnologia e cultura che è uno dei tanti progetti di INUTILE. Torniamo alla grande con un intervento di un amico architetto, Roberto Marin, esperto di architettura ma soprattutto di software per l’architettura: se lo volete sentire parlare di BIM c’è il suo podcast, Snap, oppure potete leggerlo sul suo sito. Buona lettura: noi ci leggiamo già la settimana prossima 🙃
Lo so: quando si parla di architetti, il primo pensiero corre allo stereotipo sdoganato dal comico Maurizio Crozza col suo personaggio (l’Arch. Fuffas) e sono certo che anche chi non conosca il suo personaggio abbia una idea molto simile della figura dell'architetto. Spesso si incontrano personaggi molto simili anche nella vita reale: ve lo dice un architetto che ci ride sopra, nonostante porti al collo la proverbiale sciarpina dall'autunno alla primavera, ma almeno a mia discolpa non chiedo al mio assistente di cercare su Wikipedia il significato di parole come “IoT” o “Digital Twin” (che tra l'altro non ho)!
Faccio parte di quella generazione che ha vissuto sulla propria pelle il passaggio dal disegno a mano con chine e squadrette al disegno computerizzato tramite il CAD: per fortuna sono arrivato nel momento in cui l'interfaccia grafica dei software era passata all'utilizzo di icone per i principali comandi rendendo la vita più facile agli architetti, ottimo per venire incontro alle nostre ridotte capacità informatiche che senza un'amichevole interfaccia utente dovevano scontrarsi con la temuta riga di comando.
Ciò che ci ha reso la vita meno facile era la fastidiosa presenza di alcuni professori che non digerivano molto bene l'ondata di progetti realizzati al CAD, rifiutandone la consegna per partito preso, o almeno così ci sembrava.
Il tempo ha dato ragione agli studenti che, nonostante i bastoni tra le ruote, hanno intrapreso la via del disegno digitale spingendosi fino alla modellazione tridimensionale, al rendering ed al fotoinserimento (che oggi i più giovani chiamano Compositing).
Dal quel lontano inizio millennio di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta dal punto di vista tecnologico informatico: il nuovo paradigma che avanza ha un nome, o meglio, un acronimo che lo definisce: Building Information Modeling (genericamente chiamato BIM) ed il cambiamento che ha indotto è molto più profondo ed esteso di quello che è stato vissuto con l'avvento del CAD; anche tra gli addetti ai lavori, il BIM è spesso confuso con l'utilizzo di un software di BIM authoring ma in realtà si tratta di una filosofia che lega l'edilizia al mondo informatico.
Questa filosofia prevede di legare al modello tridimensionale dell'edificio tutti i dati che lo riguardano, permettendo al contempo di fondere all'interno del modello tutte le varie discipline edili inerenti come, ad esempio, impianti e strutture portanti.
Per rendere bene l'idea, nel mondo CAD il muro viene rappresentato in pianta da due linee parallele con al suo interno un riempimento grafico chiamato retino di colore uniforme o con una trama (ad esempio quadrettato o con linee parallele), trasposizione di ciò che si faceva con il disegno tecnico a mano. Nel mondo BIM non si tratta più di rappresentare un muro, ma di crearne il suo modello virtuale: il muro non è una rappresentazione ma un'entità che oltre ad avere le dimensioni di quello reale racchiude le informazioni riguardanti il tipo di materiale, il colore, le capacità termiche, acustiche, di resistenza al fuoco e tutte le caratteristiche fisiche che lo riguardano. Oltre a questo aspetto, al muro possono essere associati i dati relativi al costo, alla manutenzione, al ciclo di vita e tanto altro ancora.
Senza dilungarmi troppo su questo aspetto, possiamo sintetizzare e classificare le capacità ed utilizzi di un modello BIM nelle sue dieci dimensioni: modellazione tridimensionale, gestione dei tempi della costruzione, gestione economica, sostenibilità, gestione dell'edificio costruito, sicurezza in fase di realizzazione dell'opera, digitalizzazione dei processi e infine l'ottimizzazione dei processi. I più attenti avranno notato che sono solo otto: la ragione è che la dimensione 2D è quello bidimensionale che si appoggia agli assi cartesiani X e Y, mentre la 1D è il disegno di concetto o concept design, dimensioni già utilizzate in precedenza.
Gli architetti devono ora quindi confrontarsi con i database, le query e la gestione di ambienti dati comuni, senza considerare il corretto modo di trasmettere le informazioni proveniente dai dati del modello, decisamente un altro livello di conoscenza informatica richiesta dalla progettazione CAD.
La progettazione che segue invece la filosofia BIM permette di ottenere è un vero e proprio prototipo virtuale di un edifico futuro mentre in precedenza la prototipazione dell'edificio progettato avveniva in cantiere con le conseguenze che bene o male tutti conosciamo o che ci hanno raccontato.
Spiegato il concetto di modello tridimensionale virtuale a cui viene associato un database (il c.d. modello informativo), possiamo pensare di visitarlo tramite la realtà virtuale, senza la necessità di indossare pesanti visori e barcollare in mezzo ad una stanza, anche semplicemente trasmettendo in videoconferenza un tour guidato all'interno del modello tridimensionale del progetto oppure trasmettendo un file alla persona interessata che potrà navigare tranquillamente il modello sul proprio smartphone o tablet come in un moderno videogioco, evoluzione davvero coinvolgente della passata presentazione di un progetto tramite un'immagine statica renderizzata.
Questo aspetto è fondamentale durante la progettazione: permette di far capire facilmente e senza fraintendimenti l'aspetto o la vivibilità di un progetto, ottenendo un feedback diretto e guidando celermente il progettista verso la soluzione finale condivisa.
Con l'avvento dei software di rendering in real time che utilizzano in gran parte i motori 3D dei videogiochi (come ad esempio Unreal Engine), è possibile visitare il modello già con i materiali applicati alle superfici e cambiarli con un tocco e vedere in tempo reale il cambiamento della luce al variare delle ore e delle condizioni atmosferiche.
Oltre a questo aspetto di presentazione virtuale di un progetto, l'utilizzo della filosofia BIM applicata a un edifico permette di avere un Twin copy di esso, ovvero una replica digitale il tutto e per tutto di quello che si andrà a costruire o di ciò che è stato costruito, se applicato agli edifici esistenti.
Se installiamo all'interno degli edifici (o città) reali dei sensori e/o attuatori ed utilizziamo l'Internet of Things per collegare l'edifico reale con il suo Twin Copy abbiamo ottenuto il Digital Twin: l'edificio invia dati al modello digitale che può reagire tramite l'utilizzo di attuatori utilizzando la rete internet.
Un esempio del suo utilizzo potrebbe avvenire in caso di strade allagate per la forti piogge: i sensori rilevano il livello di acqua e le autorità possono comandare ai semafori di bloccare il traffico verso la strada allagata, come ha implementato la città di Newcastle con lo sviluppo di PYRAMID.
D'altra parte, i Digital Twin ed le Smart Cities non sono esenti da problemi di privacy che in qualche modo devono essere ancora affrontati e risolti: la città di Toronto, ad esempio, ne ha rifiutato l'adozione in favore di una piano urbano più sostenibile ed ecologico.
Anche il Metaverso si sta rivelando terreno fertile per gli architetti ed i loro progetti: tralasciando quello che può essere lo sfruttamento economico di questi spazi virtuali (qualcuno ha detto Meta?) diventa interessante l'utilizzo di uno dei tanti metaversi nel mondo dell'architettura: oltre a virtualmente lasciar libera la progettazione dai vincoli terreni, possono essere utilizzati per la collaborazione sullo stesso progetto da parte di tecnici sparsi da ogni parte del mondo che possono creare forme, progettare e riunirsi direttamente all'interno del metaverso di SpaceForm.
Infine, tralasciando le proiezioni del futuro, vorrei concludere parlando di un ulteriore aspetto informatico che gli architetti possono utilizzare: gli algoritmi. In questo senso andiamo già nel contesto dell'ingegneria informatica utilizzando la programmazione visuale a blocchi. Ad esempio, il progettista potrà trovare la migliore disposizione di brise-soleil sulle facciate in modo da ottenerne il miglior irraggiamento solare estivo ed invernale, migliorando la qualità della vita all'interno dell'edificio, rendendolo più efficiente e sostenibile.
L'ultima frontiera, almeno a oggi, dell'utilizzo degli algoritmi in architettura è la progettazione computazionale: dato un certo numero di parametri e di obiettivi, gli algoritmi fornisco una serie di risultati; il progettista dovrà poi valutare quali siano le soluzioni che soddisfino al meglio le richieste e reiterare il processo con esse, fino ad ottenere il risultato voluto.
Si potrebbe vedere, nell'utilizzo di questi processi di progettazione, un futuro di edifici uniformi e simili ma francamente mi sento di escluderlo: il punto i vista del progettista rimane centrale nella scelte di design, sollevandolo dallo studio di soluzioni alternative.
Come abbiamo visto il mondo dell'architettura evolve con l'informatica, le città future saranno costruite sui dataset di oggi e le loro fondamenta saranno tanto digitale quanto fisiche, in cui i modelli BIM saranno il loro cardine; il nostro settore deve prenderne atto, soprattutto dal punto di vista accademico: oltre a rendere il BIM materia d'esame, non penso passerà molto tempo prima di vedere la programmazione informatica all'interno dei curriculum delle facoltà di architettura.