Quando parlo di privacy con alcuni amici arriva sempre il momento in cui qualcuno dice: a me non frega niente se mi spiano, se si prendono i miei dati, se sanno tutto di me, non ho niente da nascondere.
Una volta o due ho anche provato a ribattere che non è questione di avere qualcosa da nascondere, si parte banalmente dall’idea che le cose che succedono nella nostra vita sono nostre e nessuno ha il diritto di ficcarci il naso (al netto di amicizia e parentele, e comunque anche lì ci sono limiti). Basta però allargare lo sguardo di poco per capire che la questione è molto più complessa e stratificata.
«Non ho niente da nascondere» può anche essere un’ottima filosofia di vita, fintanto che sei al corrente di quante aziende stanno traendo profitto dai tuoi fatti personali: i rivoli in cui si perdono i nostri metadati sono lunghi, tortuosi, e finiranno prima o poi per farci del male.
«Che vedano tutto quello che faccio, chi se ne frega» può andare bene fintanto che abitiamo in molti dei paesi occidentali, ma basta attraversare qualche confine che la questione diventa spinosa e spesso pericolosa: in tanti posti nel mondo si possono passare seri problemi solo perché la si pensa in maniera differente dalla linea ufficiale dello stato.
È fondamentale sapere chi ha accesso alle nostre informazioni. Per fortuna negli ultimi anni stiamo raggiungendo un livello di consapevolezza generale maggiore, e stanno nascendo diversi movimenti che si muovono nelle direzioni giuste. C’è da aspettare, capire, sposare le cause migliori, e cercare di indirizzare un po’ l’evoluzione.
I link di questa settimana
Pare che le guardie cinesi al confine della regione Xinjiang, in particolare, installassero spyware sui telefoni dei viaggiatori. Tutti i dati del telefono venivano caricati su un server per essere ben studiati.
A proposito di privacy e di strumenti per controllare un numero sempre più vasto di persone: Amazon collabora con il governo degli Stati Uniti fornendo dati e strumenti a diverse agenzie, in particolare l’ICE, l’agenzia federale che si occupa di immigrazione.
UBDI è un’idea geniale, di quelle che dopo che le hai scoperte dici: perché non ci ho pensato prima? Invertendo totalmente il flusso attuale, permette ai singoli individui di guadagnare dalla vendita dei loro metadati.
Dopo i recenti casini che hanno coinvolto Amazon e Apple, chi ascolta quello che diciamo ai nostri assistenti vocali e perché e per quanto, Google ha annunciato che renderà obbligatorio l’opt-in, cioè l’adesione volontaria al programma di ascolto e trascrizione vocale fatto dai dipendenti di Google o da suoi fornitori, e che ridurrà la quantità di audio salvata a tale scopo.
E per chiudere in bellezza: uno studio di Data and Society dice che l'intelligenza artificale non ci salverà dai deepfake. Molto bene.
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